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THE GIFT OF THE GODS

Cesare De Silvestri

(da una e-mail di Silvia Canullo &Fabrizio Foschi)

Dopo aver visitato il mio sito www.retitaly.com , questi due amici mi hanno scritto per raccontarmi un mito forse aficano, forse degl'indiani sudamericani. Ma l'origine non importa molto. I miti riguardano sempre tutta l'umanità e spesso contengono storie che parlano una lingua universale e raccontano leggende, favole, parabole, illusioni e sogni di antica e modernissima saggezza. Ho apprezzato vivamente il regalo che mi hanno fatto e li ringrazio per il loro interesse e la loro generosità. Ma voglio proporre questo mito all'attenzione di altri che mi leggeranno con le stesse parole di Silvia e Fabrizio.

Il dono degli Dei

 

Molto tempo fa gli uomini erano immorali, proprio come gli Dei. Nascevano, crescevano, diventano adulti ma non morivano. Mai. Tutti imparavano a vivere. Quando si ha l'eternità davanti, anche il più stupido ci riesce. E una volta imparato a vivere, gli uomini non avevano altro da fare che ripetere quello che avevano già fatto, giorno dopo giorno. Finche, a lungo andare, qualunque azione o esperienza diventava totalmente priva di incognite, assolutamente perfetta, inesorabilmente prevedibile, indistinguibile da ogni altra che l'aveva preceduta e l'avrebbe seguita. Era una condizione noiosa, che man mano diveniva penosa e infine disperata. Disperata nel senso letterale del termine, cioè senza speranza, appunto perché non poteva cambiare né aver fine.. Un giorno identico ad ogni altro un uomo più disperato e più coraggioso degli altri andò dagli Dei a lamentarsi: "Non ne possiamo più ! Fate qualcosa !"  Gli Dei videro che gli uomini soffrivano, ne ebbero pietà e decisero di aiutarli. Diedero all'uomo coraggioso un dono: "Va' e dividilo cogli altri"  Quel dono era la Morte. Da allora gli uomini possono morire. E possono essere felici.

Mi piace pensare che questo mito sia stato tramandato in versi da qualche bardo o cantastorie di un popolo "primitivo" (primitivo nel senso che è vissuto prima di noi o sopravvive oggi in una cultura più semplice e umanamente più sana della nostra). Vorrei conoscere la musica che lo accompagnava. Vorrei cantarlo. E cantarlo con voi. E con i miei pazienti terminali.

 

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