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IL SUICIDIO. ASPETTI EPIDEMIOLOGICI E NOTE GENERALI

Rossella Valdre’

 

Il suicidio rappresenta la più grave tra le emergenze psichiatriche. La sua prevenzione o predizione rappresenta ancora oggi uno degli aspetti più difficili sia della clinica che della ricerca, non essendosi ancora individuato un "comportamento suicidario" definito e deducibile. Il suicidio puo’ rappresentare l’esito infausto di alcune gravi patologie psichiatriche – prima fra tutte la depressione, e come vedremo anche la schizofrenia – ma puo’ anche presentarsi all’interno di patologie “minori”, cosiddette “nevrotiche”, o costituire un fattore di rischio in alcuni momenti cruciali della vita o durante i passaggi di alcune fasi di eta’, come l’adolescenza e la vecchiaia. L’aspetto inquietante del suicidio, a differenza di altre psicopatologie, consiste proprio nella sua ubiquitarieta’ (puo’ colpire chiunque), trasversalita’ sia socio-geoografica (puo’ capitare in ogni luogo ed in ogni strato sociale) che nosografica (in ogni patologia o complesso sindromico), nonche’ la sua relativa imprevidibilita’. Tutti, di solito, ci sorprendiamo nel leggere che qualcuno che conosciamo si e’ suicidato o ha tentato di farlo, e la comune reazione di amici e conoscenti e’ la perplessita’ e lo stupore (“non lo avrei mai detto”). Alcuni dati. Nei Paesi occidentali, il suicidio rappresenta l’1% di tutti i decessi; secondo le recenti stime dell’OMS, si suicidano ogni anno nel mondo circa 800.000 persone. Per gli adolescenti, il suicidio costituisce la seconda-terza causa di morte; per gli anziani, la nona o la decima. In Europa, il maggior tasso di suicidi si ha nei Paesi Scandinavi e in Austria; mentre nel mondo e’ il Giappone uno dei Paesi piu’ colpiti,con oltre 33mila casi all’anno contro i 20mila di dieci anni fa. Il governo giapponese ha infatti predisposto un piano di intervento triennale per la prevenzione, contro quella che e’ ormai considerata una piaga sociale; dagli ultimissimi reports del Congresso della World Psychiatric Association tenutosi quest’anno proprio in Giappone (Agosto 2002), viene ripotato come la maggior parte dei suicidi siano maschi di mezza eta’ che hanno perso il lavoro, cosa ritenuta insostenibile nella cultura giapponese, mentre i mezzi piu’utilizzati siano il defenestramento e il gettarsi sotto la metropolitana. Tutti gli studi concordano nell’attribuire agli eventi stressanti – i cosiddetti life events – un ruolo scatenante di primo piano nell’indurre suicidio. Primo fra tutti, qualunque evento che comporti una perdita, sia essa di una persona cara, del lavoro, della casa, del proprio precedente status, persino di un ideale o di un progetto. Quello che, in termini piu’ psicologici, chiamiamo lutto. Va da se’, pertanto, che eventi scatenanti di massimo rischio saranno quindi la vedovanza, il pensionamento e il licenziamento, gli abbandoni, i tracolli economici e/o di immagine (si pensi ai suicidi degli adolescenti per un brutto voto a scuola). Qualunque perdita, di un essere umano o situazione, che colpisca una persona soprattutto nelle fasi evolutive o involutive dell’esistenza, quando si e’ fisiologicamente piu’ immaturi e piu’ fragili, e nel complesso piu’ bisognosi di conferme. Altro importante ruolo rivestono i fattori predisponenti. Si intende con questo termine un vasto spettro di situazioni, sia cliniche che non, che possono predisporre una persona a perdere del tutto la speranza e la normale forza vitale. Situazioni psicopatologiche predisponenti riguardano in primo luogo la depressione in tutte le sue varianti cliniche: in primis la Depressione maggiore, o psicotica, ma anche i disturbi depressivi reattivi, le distimie e i cosiddetti equivalenti depressivi (vale a dire quei sintomi, o comportamenti, che non appaiono direttamente depressivi ma che nascondono un disturbo dell’umore latente, come ad es. alcuni sintomi ossessivi o alcuni tratti del carattere). Anche gli altri disturbi dell’umore, come la ciclotimia o il Disturbo bipolare, aumentano il rischio di suicidio; lo stesso vale per la Schizofrenia soprattutto nella sua fase florida (quando il paziente puo’ essere vittima di “voci’ che gli ordinano di uccidersi) o, paradossalmente, in quelle delicate fasi di miglioramento e consapevolezza in cui lo schizofrenico prende coscienza del suo stato, diventando cosi’ piu’ vulnerabile a sentimenti depressivi. Va precisato, in ogni caso, che tutte le patologie psichiatriche aumentano il rischio di suicidio. Non va dimenticato, ancora, che un fattore scatenante puo’ essere rappresentato dalle patologie organiche , in particolare le malattie croniche, debilitanti, degenerative, che privano l’individuo dell’autonomia e della liberta’ di movimento; tali patologie, spesso, si associano all’eta’ avanzata, aumentando cosi’ il margine di rischio. Anche i tratti di personalita’, secondo gli orientamenti piu’ recenti, possono aumentare o predisporre al rischio di suicidio: personalita’ cosiddette borderline, caratterizzate da impulsivita’, incostanza, intolleranza alla frustrazione; personalita’ istrioniche, che tendono alla drammatizzazione ed amplificazione dei propri stati emotivi; in genere, la presenza di un disturbo della personalita’ puo’ costituire fattore di indebolimento dell’autostima, in certe fasi della vita, e pertanto predisporre al suicidio. Dobbiamo inoltre distinguere, all’interno dei comportamenti suicidiari, anche il tentato suicidio, ritenuto piu’ frequente nella popolazione femminile (mentre il suicidio riuscito sarebbe piu’ frequente nei maschi), e il mancato suicidio, che si riferisce invece ad un esito suicidario che non e’ stato portato a termine, ma che avrebbe potuto. Infine, si definiscono comportamenti parasuicidari tutte quelle condotte che comportano un inconsapevole o latente desiderio di morte, in cui viene ricercato un rischio estremo ed una sfida con la vita, quali ad esempio sport pericolosi, taluni incidenti stradali, gli abusi di sostanze, e via dicendo (cio’ non significa, ovviamente, che tutti i comportamenti di questo tipo, cd. “taking risk behaviour”, abbiano questo significato, ma si e’ visto che non e’ affatto raro). Se si considerano, nelle statistiche, anche questi casi, appare evidente che il suicidio e’, in linea di massima, sottostimato. Vista l’estrema ampiezza e variabilita’ del fenomeno suicidio – di cui abbiamo illustrato solo alcuni aspetti – si comprende come siano complesse e sempre parziali tutte le campagne preventive. Possiamo certamente intervenire su tutte quelle variabili che abbiamo visto essere strettamente collegate al rischio di suicidio: situazioni di perdita, eventi stressanti, solitudine, perdita del lavoro e conseguente basso stato sociale, concomitanza di patologie psichiatriche e/o organiche, fasi di passaggio della vita come adolescenza, puerperio, vecchiaia. Ma le cause del suicidio restano cosi’ profonde e numerose, cosi’ intimamente connesse alla vita emotiva di ciascuno di noi, che e’ difficile immaginare un rimedio valido per tutti. Possiamo solo – come psichiatri e anche come cittadini - tentare di avvicinarci ad una maggiore comprensione del fenomeno attraverso la conoscenza approfondita e il rapporto di fiducia con la persona che abbiamo di fronte, non sottovalutando mai la disperazione, il senso di vuoto, e le minacce di ‘farla finita’ che possono cumularsi, nel tempo, nella psiche di ognuno di noi.

 

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