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PROSTITUZIONE  OGGI

 ALCUNI CENNI DI UN FENOMENO ASSAI COMPLESSO 

                   di Barbara Rossi                 

 

Parlare di prostituzione oggi significa azzardare e semplificare molto.

Innanzitutto è un togliere il velo dell’omertà, dire ciò che non si può dire, perché sta diventando sempre più difficile parlare di gruppi marginali, devianti, portatori di una certa “insicurezza”; in secondo luogo è un osservare ciò che non si deve vedere, ciò che la pulizia sociale delle piazze dovrebbe aver bandito e forse risolto, una trasgressione al famoso detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, ciò che non si vede non preoccupa, forse non esiste; in terzo luogo è un occuparsi di ciò che non ha senso, di ciò che non è meritevole di attenzione, di ciò che non è produttivo, fuori dal sistema. Sullo sfondo si legge il giudizio e la colpevolizzazione per quella che sembra essere solo una scelta e non un problema di disagio sociale, dalle caratteristiche multidimensionali, tutto da comprendere ancora nelle sue trasformazioni.

E’ difficile quindi, per questi motivi, descrivere un fenomeno di questo tipo; sappiamo che coinvolge donne, uomini, transessuali e ci auguriamo non i bambini, come accade in alcuni Paesi stranieri, fatto comunque che richiederebbe un’analisi a parte. Si stima che in strada siano presenti tra le 18.000 e le 25100 persone, variamente distribuite sul territorio nazionale. All’origine di questa scelta vi sono aspetti svariati, tra cui storie di abbandoni, di prevaricazioni, immigrazione, isolamento sociale, ecc.

Là dove tutto è andato perso, non vale più la pena nulla.

Un fattore spesso presente è la tossicodipendenza. Sappiamo che i tossicodipendenti utilizzano questa attività per procurarsi il denaro e poter così acquistare sostanze stupefacenti, vivendo sulla propria pelle poi le conseguenze associate alla dipendenza, tra cui le malattie, l’ulteriore stress psicofisico, il rinforzare l’anestesia emozionale, ovvero “un mettere il dito nella piaga, allargando la ferita”. Dall’altra parte, spesso si assiste all’emergere di una progressiva condizione di dipendenza anche da parte delle persone, in genere immigrate, che esercitano la prostituzione, sia in strada che nei locali; lentamente, forse per tollerare uno stile di vita difficile e carico di stress, iniziano ad utilizzare sostanze, tra cui alcol, pasticche, cocaina, ecstasy, ecc.

Alcune sex workers sviluppano invece sintomi psicologici acuti e disturbi psichiatrici: la distanza dai Paesi di origine, le violenze cui sono sottoposte, la fatica del lavoro in strada, spesso nelle persone più fragili accelerano processi di disorganizzazione e degenerazione. Un’immagine di progressivo aumento della sofferenza che contrasta e convive con il pregiudizio diffuso per cui questa “scelta” permetterebbe di arricchirsi, cioè di accumulare facilmente denaro con zero fatica, tanto piacere e poca moralità.

“L’alcol l’ho provato… mi faceva un attimo dimenticare… dicevano che ti faceva stare calda in strada ma non era vero…..dopo ti faceva stare male tantissimo.. quando andavi con un cliente non capivi niente.. non mi faceva rendere conto di quel che succedeva…pensi che rischi oggi, rischi domani…almeno con il Martini pensi di stare bene… ma dopo rischi di più.. e ho smesso..però poi...”

Questo “surfismo“ del consumo, ovvero il passaggio da una dipendenza all’altra, collezionando problemi, traumi, stress e altro, unita alla difficoltà di chiedere aiuto, rende difficile elaborare una strategia curativa. Le politiche di riduzione del danno, ovvero le strategie di intervento rivolte a limitare le conseguenze di certi comportamenti pericolosi (es. la diffusione di preservativi per evitare il contagio di malattie sessuali, la distribuzione di cibo e bevande calde per il sostentamento di queste persone, il fornire cure sanitarie in caso di emergenza, tramite ambulanze o mezzi appositi) hanno di certo avuto un ruolo importante nella prevenzione sanitaria e in genere nella cura.

Un accenno anche ai clienti della strada.

Si dice spesso che il sesso con una prostituta è un sesso senza amore, poco impegnativo perché ciò che viene messo in gioco è solo il denaro. Nella realtà si vede di tutto: ragazzi che accompagnano la fidanzata a casa e poi si fermano sui viali alla ricerca di una prostituta, oppure anziani che cercano uomini più giovani di loro, mariti che cercano “momenti di svago”, ecc. I transessuali sono l’ultima moda, in base all’esperienza clinica, sia perché “il tempo con loro dura di più”, sia per la tenerezza che mettono in gioco in questo incontro, che diventa un momento di “coccole” più che di sesso.

Poco si sa sulle clienti al femminile, forse perché anche culturalmente si tratta di un tabu’.

Benché questo scorcio sul mondo della prostituzione non possa essere affatto esaustivo, credo che apra molte domande sulle relazioni, sulla difficoltà delle persone di vivere ed esserci in una relazione affettivamente importante, godendosi le emozioni connesse, anziché puntare solo sull’essere all’altezza di determinate prestazioni. Che relazione è, infatti, quella in cui la donna ritiene più importante il suo ruolo di casalinga che di compagna, e l’uomo il suo ruolo di lavoratore più importante di quello di partner?

Ovviamente, conciliare le molteplici funzioni che abbiamo in questa società è tutt’altro che semplice, ma è già un passo importante il provarci!

 

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