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Università degli Studi di Urbino

Corso di Laurea in Psicologia

Cattedra di Psicologia delle Dipendenze Patologiche

Prof. Moreno Marcucci

Dott. Giuseppe Lavenia

 

IAD: Valutazione del fenomeno nella regione Abruzzo

Adolescenti… dipendenti del futuro?

Ricerca a cura di Moreno Marcucci, Giuseppe Lavenia, Giovanni Ruggiero,

 Michele Cuppone (elaborazione dati)  

Maggio/Giugno 2004

La storia ci ha sempre fornito due versioni riguardanti qualunque tipo di scoperta scientifica: una che grida al miracolo, l’altra che dinanzi alla stessa scoperta, teme l’apocalisse (ma d’altronde ciò che non conosciamo da sempre ci intimorisce). Da un lato c’è chi accoglie con entusiasmo il progresso tecnologico vedendovi un grande sviluppo sociale, un passo avanti per il miglioramento delle condizioni di vita di ciascuno; dall’altro c’è chi  non riesce proprio a fare a meno di vedere terribili insidie nascoste, celate, per lo sviluppo della civiltà umana. Da questo punto di vista, intraprendere oggi un’analisi critica della tecnologia elettronica, non avrebbe alcun senso: sarebbe come criticare l’uso dell’energia elettrica o dei trasporti aerei. Inoltre la nostra vita è da sempre strettamente legata alla comunicazione che oggi si avvale anche di canali elettronici per essere trasportata e per diffondersi: conseguenza di ciò è che compiere un’analisi obiettiva e  distaccata sarebbe impossibile. Una specie di esasperazione del “principio di Indeterminazione”di Heisenberg: secondo questo principio l’osservatore non ha mai un ruolo passivo nell’osservazione di un fenomeno, ma attivo, influenzando così il mondo che osserva, attraverso gli strumenti che usa, o le teorie che adotta per compiere l’osservazione. Gli occhi non riescono a guardare se stessi mentre guardano: per questo lavoro sono stati usati diversi computer; si è avuto bisogno di un accesso ad Internet per raccogliere delle informazioni che altrimenti si sarebbero potute reperire solo attraverso enormi sforzi: come si sarebbe potuta compiere un’analisi non distorta e obiettiva dello strumento di cui si è avuto necessariamente bisogno per compiere l’analisi?

E’ innegabile che Internet abbia mutato il nostro modo di comunicare; non è una moda come a molti piacerebbe pensare o credere: si tratta di una vera e propria rivoluzione del mondo delle comunicazioni. Volendo anche un nuovo modo per gestire contatti e affetti. A quanto pare se l’espansione di Internet dovesse proseguire con il passo attuale, non è difficile immaginare un terzo millennio basato quasi esclusivamente sul suo utilizzo. Attraverso l’uso della rete si abbreviano in maniera considerevole i tempi che intercorrono tra la nascita dell’informazione, e la sua diffusione. E non è solo una questione di tempi: chiunque attraverso il Web, è in grado di entrare in possesso di una mole enorme di informazioni, senza essere costretto ad estenuanti ricerche in biblioteche. Fino a qualche anno fa, l’informazione presente su Internet riguardava quasi esclusivamente la ricerca scientifica; oggi invece quest’aspetto, anche se in continua espansione, è stato offuscato dal continuo moltiplicarsi delle opportunità che vengono offerte a chiunque in rete: tutti coloro che non si impadroniscono immediatamente delle nuove tecnologie, corrono il rischio di rimanere ai margini dello straordinario flusso di attività che scorre come un torrente in piena. A riprova di questo fatto ci sono dei dati che riguardano l’aumento degli investimenti in pubblicità on line: la società Jupiter Communication, ha stimato che questa tipologia di investimenti dal 1995, al 1997 è aumentata del 400%. La rete si è rivelata un eccezionale canale di vendita diretta al consumatore, con costi ridotti e possibilità di raggiungere milioni di consumatori. Per quanto riguarda l’aspetto di beneficio sociale di Internet, si può considerare emblematico il caso di New York: a partire dell’esplosione di Internet, nella sola città americana si è rilevato una flessione del tasso  di criminalità pari al 14.5%. Questi dati ci danno un’idea dell’aspetto positivo di questo strumento; Internet è una grande opportunità per chi la sa cogliere. Un grande rischio per chi non sa adeguarsi. E’ come un farmaco: un suo rifiuto a priori può trasformarsi in pericolosa arretratezza; un suo sovradosaggio può diventare un potente veleno.[1]Naturalmente ogni luna presenta il suo “lato oscuro”: quella parte che c’è, ma rimane avvolta nell’oscurità, e che quindi ai più rimane celata; cosi anche Internet: infatti oltre agli innegabili vantaggi che la rete ci offre, sono venuti a manifestarsi anche alcuni aspetti psicopatologici direttamente connessi alla sua rapidissima diffusione, ed utilizzazione. Un'analisi delle più recenti pubblicazioni internazionali su questo argomento sta evidenziando da varie parti del mondo come l'inadeguato utilizzo della Rete possa indurre in una situazione di dipendenza psicologica con conseguenti danni psichici e funzionali per il soggetto. IAD (Internet Addiction Disorder) è a sigla che caratterizza questo nuovo tipo di patologia. L’Internet Addiction Disorder si manifesta con sintomi astinenziali e di tolleranza: in particolare si va da una riduzione dell’interesse per tutte quelle attività che non siano Internet, agitazione psicomotoria, stati depressivi ed ansiosi, fino a giungere, nei casi più estremi, a fenomeni allucinatori, ed esperienze di derealizzazione.  Il termine è da attribuire allo psichiatra americano Ivan Goldberg, che quasi per provocazione, per  uno scherzo, per primo ne propose i criteri diagnostici, dando il via ad una riflessione che ha incuriosito numerosi psichiatri e psicologi.  Oggi questa provocazione deve porci in grado di riflettere e non portarci all’isterismo o ad una caccia alle streghe che non porterebbe naturalmente a nulla, se non alla demonizzazione di questa nuova incredibile tecnologia: deve semplicemente farci considerare Internet da diversi punti di vista, considerandone i pregi, i difetti, gli aspetti positivi e le sue potenziali dannosità; ma soprattutto va ricordato che:

“Non sono le conquiste scientifiche a minacciare l’uomo, ma l’utilizzo sbagliato che se ne fa”[2].

Questo lavoro non deve essere visto come una critica nei confronti di Internet: lo scopo è stato quello di tentare di fornire una valutazione qualitativa, e anche quantitativa, dell’impatto che questo nuovo mezzo di comunicazione ha avuto sulla nostra vita, il nostro modo di comunicare, la nostra società e la nostra personalità.

Scelta e descrizione della metodologia adottata

La Ricerca  

Abbiamo ritenuto opportuno, come primo passo per la buona riuscita dello studio, realizzare un test, l’Internet Trap Test (I.T.T.)[3],  che ci permettesse di verificare il grado d’intossicazione (coinvolgimento) raggiunto dai soggetti nei confronti della nuova tecnologia Internet. Nella costruzione degli item del test e del “colloquio pilota”sono state considerate tre dimensioni teoriche ed alcuni elementi specifici per ognuna di esse:

-    Dipendenza: tolleranza, abuso, astinenza, impatto sulla vita reale (relazioni, salute, lavoro, abitudini).

-    Tratto[4] impulsivo: si è preferito indagare questo punto poiché, dai numerosi colloqui effettuati, è emerso che il net-dipendente, e in generale buona parte degli utenti valutati,  tendono a scaricare su internet  malumori, frustrazioni e depressioni. L’azione impulsiva appare loro gratificante ma malauguratamente tale appagamento è patologicamente distorto poiché denuncia l’incapacità del soggetto a sopportare tensioni e frustrazioni.

-    Tratto schizoide: interessi e passatempi, qualità delle relazioni personali, espressività, emotività, rapporto con il sesso. Grande importanza è stata data alla valutazione dei loro divertimenti che di solito tendono ad aumentare lo stato di isolamento dalle altre persone. I soggetti con questo tratto mostrano, infatti, un particolare interessate alle cose, agli oggetti e alle macchine.

 

Ne sono derivate tre scale, la prima consente al terapeuta di evidenziare il grado di dipendenza raggiunto, mentre le restanti due evidenziano la possibile predisposizione  psicologica che è alla base della net-dipendenza.

1.     SCALA della DIPENDENZA (SD): evidenzia i sintomi ed i comportamenti della dipendenza, tra cui tolleranza (aumento progressivo del tempo di connessione), astinenza, ipercoinvolgimento, impatto sulla vita reale.

2.     SCALA dell’IMPULSIVITA’(SI): rileva frustrazioni, aggressività, rimorsi e pentimenti, relazioni sociali.

3.     SCALA SCHIZOIDE (SH): . mette in evidenza la difficoltà da parte dei soggetti di formare relazioni sociali stabili, la loro tendenza ad essere individui “solitari” e la loro inclinazione ad integrarsi in gruppi.

Sembra opportuno fornire una distinzione tra Impulsività e Compulsività, in maniera tale da evitare confusione tra due tipi di comportamenti che potrebbero ad un primo sguardo sembrare molto simili, ma che a ben guardare presentano grandi differenze.            

Differenza tra impulsività e compulsività[5]

- Impulsività: tendenza ad agire in  base ad un impulso, quindi senza riflettere o considerarne le conseguenze; Bleuler diceva che una parte delle azioni impulsive sono automatiche, altre invece hanno il carattere di azione di scarica, e dominata dal quadro affettivo  o di scarica di una tensione emotiva dalla quale i pazienti si sentono sempre più messi a disagio.

C.G. Jung, non è d’accordo sull’identificazione bleuleriana tra impulsività e automatismo:”preferirei non denominare impulsivi, ma automatici quei processi che in un individuo una volta erano coscienti, e che col tempo si sono automatizzati.” Le azioni impulsive sono egosintoniche, perché il carattere intenzionale prevale su quello coatto, per questo si distinguono dalle azioni compulsive, dove la coazione prevale sull’intenzione; l’azione impulsiva è gratificante perché scarica malumori, frustrazioni e depressioni, anche se tale gratificazione perlopiù di carattere sessuale o aggressivo, è patologicamente distorta, oppure denuncia l’incapacità del soggetto di tollerare tensioni e frustrazioni.;nonostante il conflitto psichico l’impulsività ha sempre la meglio sull’inibizione e sul senso di colpa; inoltre anche se l’azione impulsiva all’inizio provoca gratificazione ed è vissuta con soddisfazione, seguono presto rimorsi e pentimenti, che però risultano assenti nelle persone psicopatiche;

- Compulsione (detta anche coazione): indica una tendenza coercitiva ed irrazionale che spinge il soggetto a mettere in atto determinati comportamenti di cui egli stesso riconosce l’inutilità e l’inadeguatezza, ma la cui mancata esecuzione provocherebbe in lui angoscia. I sintomi compulsivi o coatti, possono manifestarsi all’interno di vari quadri patologici, come ad esempio le nevrosi ossessive (dove si riconoscono due tipi di coazioni: quelle riferite alle idee che un soggetto non può fare ameno di pensare, e le coazioni che si riferiscono ad atti e comportamenti che il soggetto si sente costretto a compiere). Il passaggio successivo la strutturazione del test, è stato caratterizzato dalla costruzione di un “colloquio pilota” costruito sulla base delle nostre dimensioni teoriche. Il colloquio ha permesso di ottenere informazioni dettagliate in merito alle caratteristiche socio-culturali, alla personalità, alla presenza attuale o passata di patologie medico-psichiatriche nel soggetto. Tramite il colloquio si indagano accuratamente le risposte relative alla SI e alla SH cercando un confronto tra il responso fornitoci dal test e le risposte ottenute durante l’incontro.

Il test presenta 25 domande e per ogni domanda ci sono cinque possibili risposte:

-         mai;

-         raramente;

-         ogni tanto;

-         spesso;

-         sempre;

Inoltre per la valutazione del tratto schizoide, sono state valutate le domande 11, 15, 17, 18, 20, 22:

-         11: pensiate sia più facile confidarsi e parlare dei propri problemi con n utente conosciuto in chat, rispetto ad un amico o conoscente non virtuale?

-         15: mentre siete collegati, vi capita di scattare, alzare la voce o rispondere male se qualcuno vi disturba?

-         17: vi è mai capitato di pensare che il sesso sia una perdita di tempo?

-         18: stabilite nuovi rapporti con altri utenti quando siete online?

-         20: quando siete collegati cercate di isolarvi?

-         22: vi divertite a nascondere la vostra identità in rete?

  I risultati sono stati misurati in base ai seguenti intervalli:

- utenti regolari: i soggetti appartenenti a questa fascia sono in grado di rimanere connessi a lungo, mantenendo il controllo della situazione);

- utenti problematici : i soggetti che rientrano in questa categoria possono presentare già le prime problematiche dovute ( oppure esacerbate) all’utilizzo di Internet;

- utenti a rischio: presentano un vissuto di curiosità nei confronti delle opportunità offerte dalla rete. In questo stadio, simile alla fase di luna di miele  dell’eroinomane, l’utente è portato a vedere solo gli aspetti positivi del mezzo tecnologico incoraggiandone l’utilizzo. Tendono ad osservare ed apprendere come muoversi in questo nuovo mondo, custodiscono gelosamente ogni nuova conquista e  si costruiscono una nuova identità. I soggetti appartenenti a questo gruppo tendendo ad utilizzare il mezzo internet per “scaricare” la propria insoddisfazione. L’utente in questa fase  sostituisce il mondo reale con un oggetto artificioso, quasi una sorta di “feticismo tecnologico”, con il quale riesce a costruire un proprio mondo dove finalmente è accettato e compreso.

- utenti abusatori : in questo caso i soggetti manifestano delle caratteristiche analoghe agli assidui utilizzatori di oppiacei: gravi problemi nelle relazioni affettive, importanti problematiche lavorative, psicofisiche (problemi visivi, alterazione del ritmo circadiano, disturbi nelle condotte alimentari, ecc).

- utenti dipendenti: in questo caso gli utenti presentano aspetti psicopatologici più gravi; in alcuni casi disturbi dissociativi, allucinazioni semplici visive, prosopoagnosia, ipertermie, tremori. Elemento caratterizzante il dipendente è la presenza di precedente diagnosi psichiatrica caratterizzata spesso da disturbi della sfera sessuale e dell’umore; i soggetti valutati come dipendenti  tendono a prolungare i tempi di collegamento prefissati, spendono grandi quantità di tempo nella ricerca del materiale da utilizzare in rete, utilizzano incessantemente la rete per ottenere appagamento sessuale, interrompono  o riducono importanti attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’utilizzo di Internet; utilizzano in maniera continua la rete nonostante la consapevolezza di avere un problema sociale, psichico o fisico ad essa collegata.

Di fondamentale importanza è stata l’introduzione di un modulo concernente i dati personali, e l’autorizzazione all’utilizzo dei risultati in questa ricerca. Un altro modulo, permetteva al soggetto di venire a conoscenza dei risultati ottenuti, ricevere delucidazioni in proposito,  sostenere un colloquio al fine di comprendere al meglio le esperienze personali vissute, (informazioni queste che sarebbe impossibile ottenere con la sola compilazione del test). Per quanto riguarda invece la valutazione del tratto schizoide si è deciso di fare 3 intervalli:

-         Prima classe: in questo caso il tratto non influisce sulla dipendenza;

-         Seconda classe: qui il tratto sembra influenzare la dipendenza, ma non è la causa principale;

-         Terza classe: si può ritenere che la principale causa della dipendenza da Internet riguardi soprattutto il tratto      schizoide che risulta molto forte;

Alcuni limiti del test della Young

Le ricerche effettuate dalla Young, hanno a nostro avviso evidenziato alcuni limiti che ora ci accingiamo a riferire:

- la maggior parte delle sue ricerche, sono state condotte on-line e in maniera anonima;

- come lei stessa afferma, il dipendente (o la maggior parte dei dipendenti) non ha consapevolezza del suo problema: e allora, come si può pretendere dal soggetto un’autovalutazione obiettiva? Inoltre è vero che i parenti potrebbero essere al corrente del problema, e riferire a chi effettua la ricerca le eventuali preoccupazioni; qualsiasi comunicazione da parte dei parenti è impossibile data la  forma anonima del test.

- in più, se una persona non è cosciente del problema, perché dovrebbe compilare un test on-line, di cui non sente assolutamente la necessità? (è importante sottolineare che un soggetto può non essere cosciente ne della sua patologia, ne al corrente di una possibile patologia legata ad Internet).

- in fine potrebbe essere significativo il fatto che gli utenti su cui è stata svolta la ricerca, sono tutti americani, ovvero provenienti dal paese leader nell’utilizzo di Internet. Per tal motivo i risultati ottenuti dalla dottoressa Young, non sono, a nostro avviso, generalizzabili in paesi dove il tasso di informatizzazione è sensibilmente inferiore[6].

La somministrazione

La somministrazione è avvenuta in tre fasi:

nella prima fase, si sono messi al corrente i soggetti del reale scopo della ricerca: ovviamente tutto il test non è stato presentato come “ un test che ha lo scopo di valutare la possibile dipendenza da Internet”, ma si è cercato di dare alla presentazione una forma più “indolore”, ovvero: “questo test ha come scopo quello di fornire un tentativo di valutazione dell’impatto che Internet ha avuto sulle nostre vite e sulle nostre relazioni” , in maniera tale da evitare di influenzare quanto più possibile le risposte dei soggetti;

nella seconda fase il test viene compilato evitando di porre limiti temporali nell’esecuzione; ci è parso corretto essere presenti durante la compilazione del test, in modo da poter chiarire l’eventuale perplessità in merito ai quesiti posti; diversi infatti i casi dove è risultato importante chiarire alcuni punti che non risultavano di facile comprensione; nel far questo si è cercato di attenersi alle normative indicate per l’uso dei test, rispondendo nella maniera più semplice possibile, ed eliminando ogni ambiguità o influenza;

nell’ultima fase i soggetti sono stati contattati (via telefono oppure tramite posta elettronica) per sostenere un colloquio, in maniera tale da approfondire le tematiche trattate nel test.

Adottando tale metodologia sono stati valutati 485 soggetti abruzzesi, 239(49,3%) maschi e 246 (50,7%) femmine, d’età compresa tra i 14 e i 22 anni sparsi in tutto il territorio abruzzese e reperiti grazie alla collaborazione di diverse scuole superiori delle quattro province.

5.3  I Risultati

Con la metodologia indicata abbiamo ottenuto i seguenti risultati:

- il 74,6% dei soggetti (362 ragazzi) che si è sottoposto al test, è rientrato nella categoria di “utenti regolari”; per la precisione, 159 utenti maschi (43,92%), e 203 utenti femmine (56,1%).

- il 22,7% dei soggetti (110 ragazzi) è rientrato nella categoria degli utenti “problematici”; di questi 110 ragazzi 68 sono maschi (il 61,8%), e 42 sono donne (il 38,2%); 99,78

- il l’1,9% dei soggetti intervistati, ovvero 9 soggetti di cui 8 maschi (88,9%) e una femmina (11,1%), è rientrato nella categoria degli utenti “a rischio”.

- 3 ragazzi (lo 0.6%) rientrano nella soglia degli utenti "abusatori" (solo maschi) . Viene allegata qui di seguito una tabella per un’ulteriore distinzione per quanto riguarda le fasce d’età (tab.1)

 

22

F

1

 

 

 

 

M

 

 

 

 

 

21

F

1

 

 

 

 

M

2

1

 

 

 

20

F

5

 

2

 

 

M

5

3

 

 

 

19

F

26

10

1

 

 

M

24

12

 

3

 

18

F

73

14

 

 

 

M

49

25

3

 

 

17

F

23

7

 

 

 

M

27

15

1

 

 

16

F

27

3

 

 

 

M

24

6

 

 

 

15

F

33

7

 

 

 

M

20

6

1

 

 

14

F

14

1

 

 

 

M

9

 

 

 

 

età   

utenti

regolari

problematici

a rischio

abusatori

dipendenti

Tab.1

Correlazione con il tratto schizoide

Abbiamo cercato di correlare i risultati della scala di valutazione della dipendenza con quelli riguardanti il tratto schizoide, per verificare effettivamente quanto esso possa essere o meno, una delle possibili cause della dipendenza da Internet (oppure una possibile causa della sua cronicizzazione); anche se in effetti questa ricerca non ha evidenziato un grande numero di utenti dipendenti (infatti non ci sono stati utenti dipendenti), i risultati mostrano che una possibile correlazione tra la dipendenza da Internet e il tratto schizoide può esserci; notiamo infatti che:

-    su 9 soggetti appartenenti alla categoria degli utenti classificati “a rischio”, 5 (ovvero il 55,5%) mostrano un punteggio schizoide appartenente alla seconda classe, ovvero quello che potrebbe essere una delle cause (non l’unica determinante) della dipendenza; solo un soggetto della categoria utenti a rischio, ha anche un punteggio schizoide che rientra nella terza classe, ovvero quella che potrebbe considerare il tratto come causa principale dell’IAD

-     per quanto riguarda i soggetti considerati “problematici”, 50 su 110 (ovvero il 45,4%) presentano un punteggio schizoide che rientra nella seconda classe, e solo uno presenta un punteggio che rientra nella terza

-     gli utenti abusatori, 3 soggetti, presentavano invece una correlazione positiva con il tratto schizoide: rientravano nella terza classe

Il resto dei soggetti a cui è stato sottoposto il test, ovvero 362 ragazzi  (quindi il 74,6% del campione), presenta una correlazione molto minore con il tratto schizoide: solo  il 25,4%  ha mostrato un punteggio del tratto, rientrante nella seconda classe.

Questi risultati possono allora metterci nella condizione di pensare, che in effetti, la dipendenza da Internet possa essere anche dovuta ad un tratto di personalità schizoide più o meno marcato, oltre alla presenza di altri fattori concomitanti che non sono stati trattati in questo lavoro (ad esempio tratti depressivi, disturbi ossessivi, ecc).

 

5.4  Esperienze cliniche

I colloqui effettuati dopo la somministrazione del test sono avvenuti  “vis a vis” seguendo le linee guida precedentemente impostate. Le interviste effettuate sono state 60. La maggior parte dei soggetti afferma di usare Internet come mezzo di sfogo, oppure per distrarsi dopo un attimo di ira con familiari o amici; altri sostengono come la loro timidezza spesso, li costringa a scegliere amici o relazioni virtuali, anche se ovviamente in maniera non esclusiva. Caratteristica interessante è che i soggetti che hanno riportato i punteggi più alti riferiscono di essere abituali consumatori di alcolici (in prevalenza birra, amari)e sostanze stupefacenti (cannabis e derivati)  e riferiscono di leggeri stati depressivi. Tra le attività preferite riferiteci ci sono i MUD, le chat, la ricerca di notizie e la ricerca di file di ogni genere; pochi hanno parlato di acquisti online; qualcuno ha raccontato di avere visitato un paio di volte un casinò virtuale. In effetti la maggior parte dei soggetti riferisce di un vissuto di curiosità prima della connessione, una specie di attesa, che per alcuni può essere più marcata. Una cosa ci ha  colpito e fatto riflettere: quando veniva chiesto:”saresti in grado di rinunciare ad Internet?”, molti (la maggior parte) hanno risposto: “sarebbe come chiedere di poter rinunciare ad acqua, luce e tutte le comodità moderne”.

Sintesi del lavoro di ricerca (durata un anno e tre mesi): IAD: Valutazione del fenomeno nella regione Abruzzo. Adolescenti… dipendenti del futuro? M.Marcucci, G. Lavenia, G. Ruggiero, M. Cuppone (elaborazione dati)  


[1] “Tutto è veleno, niente è veleno; solo la dosa fa il veleno”. Paracelso

[2] Rita Levi Montalcini – Newton giugno 2001

[3] Internet Addiction Disorder: valutazione del fenomeno in Italia, M. Marucci G. Lavenia,  pubblicato su CISP Rivista telematica semestrale di PSICOLOGIA e PSICOTERAPIA, Editore CENTRO ITALIANO SVILUPPO PSICOLOGIA numero I (2° semestre 2003).

[4] Tratto: caratteristica stabile e duratura che rende diverso ogni individuo da tutti gli altri.

[5] U.Galimberti, Enciclopedia di Psicologia, le Garzatine, Garzanti editore, 2001

[6] In America utilizza Internet il 41.06 % della popolazione, contro il 27.79 % dell’Europa, e il 25.76 dell’Asia

 

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