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MA ANCHE LA MORTE FA PARTE DELLA VITA...

Noemi Sembranti

 

La notizia sconvolge soprattutto perché l’artefice e la vittima al tempo stesso di questa nemesi familiare è un medico, cioè un professionista la cui etica ha le fondamenta nel giuramento di Ippocrate, cioè la vita prima di tutto. Ma anche la morte fa parte della vita e l’una non può essere scissa dall’altra. Camminano sempre fianco a fianco; nei momenti “migliori”  la morte fa un passo indietro e ci lascia vivere “in pace” , ma spesso e volentieri torna a trovarci: la guerra, una malattia, la morte di un caro amico, di un familiare, un fallimento finanziario, un qualsiasi evento doloroso che può drasticamente e brutalmente farci sentire soli con noi stessi, che la “nera signora” è di nuovo al nostro fianco. La vita non è altro che il cammino che dal nulla ci riporta al nulla.

Scrive Umberto Galimberti ne “Le cose dell’amore”:

“A differenza dell’animale l’uomo sa di dover morire. Questa consapevolezza lo obbliga al pensiero dell’ulteriorità che resta tale comunque la si pensi abitata: da Dio o dal nulla. Ciò fa del futuro l’incognita dell’uomo e la traccia nascosta della sua angoscia segreta. Non ci si angoscia per questo o per quello, ma per il nulla che ci precede e ci attende. Ed essendoci il nulla all’ingresso e all’uscita della nostra vita, insopprimibile sorge la domanda che chiede il senso del nostro esistere. Un esistere per nulla o per Dio?”  

Colpisce la storia  del dottor  Mario M., della moglie Isa G. e del figlio Michele perché non è una tragedia inconsapevole che nasce e vive in un terreno povero, in un contesto brutale, ma è un destino amaro e crudele che colpisce una famiglia borghese, una famiglia che poteva essere considerata “vincente”. Mario è medico, curatore di corpi e di anime (se si pensa quanto sia importante la fiducia e la speranza che il medico infonde nei propri pazienti); Isa è pianista, quindi un’artista; Michele, figlio unico, sicuramente rappresenta il frutto della coppia . Un terribile giorno Michele - che ha davanti a sé un futuro da vincente – incontra la morte che se lo abbraccia forte forte e con un senso di sfida e crudele ironia, gli sta sempre vicina come una seconda madre , ma non se lo porta via. È lecito pensare che da quel momento anche il Medico più convinto e l’Artista più creativo abbiano dovuto fare i conti con la loro semplice umanità di Uomo e Donna, di Persone la cui vita poneva loro la prova più difficile .

L’uomo – medico deputato a “combattere” e “vincere” i mali del mondo - non poteva guarire il proprio figlio, poteva solo assisterlo in una altalenante atmosfera fatta di speranza e disperazione. Le frasi : “si faccia coraggio” – “abbia fiducia” che tante volte avrà ripetuto ai suoi “malati”, saranno risuonate dentro di lui come “echi infiniti”, come “vuoti a perdere”.

Isa, la pianista, ironia della sorte, ammalata di artrite remautoide, decide di stare accanto al figlio, ristabilendo con lui una relazione simbiotica che la porterà  prima psicologicamente e poi biologicamente alla morte.È Isa, secondo me, colei che può darci una chiave di lettura di questa suicidio-omicidio familiare. Isa avrebbe potuto ….ma non ce l’ha fatta. Da quando il figlio Michele viveva nello stato di coma, Isa e Mario si dedicano a lui, Isa però lo fa in modo totalizzante; Mario continua a lavorare, ad avere rapporti interprofessionali e interpersonali, mantiene un  contatto con la realtà esterna al proprio intimo dramma familiare. Quando Mario si ammala di tumore “decide” di suicidarsi. Il suicidio di Mario, senz’altro autodeterminato, avrebbe potuto diventare un gesto di liberazione dalla sofferenza, dal dolore, dalla disperazione e dalla depressione;  questo suicidio diventa  invece un gesto “discutibile” perché si accompagna e anzi viene preceduto dai due “omicidi”: quello del figlio Michele e della moglie Isa.

Nessun commento va riferito alla scelta di uccidersi di Mario perché questa è stata la sua volontà, ma perché assumersi la responsabilità di dare la morte anche al figlio e alla moglie ? solo perché in quanto medico aveva gli strumenti e sapeva dare la “dolce” morte? O perché convinto che la moglie Isa non avrebbe saputo andare avanti senza di lui? Isa in questa storia dolorosissima avrebbe potuto essere la chiave di svolta, a meno che non si ipotizzi una grave depressione, dovuta alle infinite rinunce che la vita le aveva messo difronte e alle quali non era riuscita a dare una risposta “vitale”: la malattia, la rinuncia al lavoro, la “perdita” del figlio e infine quella del marito. Questa donna probabilmente era veramente sola e abbandonata senza più risorse, avendo perduto quell’agire artistico che dal nulla crea l’opera d’arte.

Possiamo immaginare un altro scenario? 

Michele e Mario – i due uomini – erano condannati a morire . Isa non se l’è sentita di andare avanti senza di loro, ma lo avrebbe sicuramente potuto fare.Ho in mente un’altra famiglia reale e concreta che ha scelto di vivere con dignità e amore la propria esperienza terrena. Una donna musicista, con un figlio gravemente disabile avuto da una relazione sbagliata (il padre ha abbandonato l’una e l’altro al loro destino ) non si perde d’animo; un giorno incontra un uomo positivo e forte che decide di vivere con loro. L’uomo si ammala al cuore, subisce un trapianto, grazie al dono di un giovane ragazzo; poi lotta contro al tumore …. E tutti gli anni a Natale telefona per fare gli auguri !!

 

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