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Il lavoro dell’operatore di strada.

Salvina Faraci

 

Nel bagaglio professionale degli operatori di strada ritengo siano necessarie competenze a due livelli. Anzitutto la competenza culturale, che consenta di mettere a punto un atteggiamento di tipo antropologico nei confronti di esperienze giovanili di natura informale: il che significa curiosità e rispetto per ogni tipo di soluzione culturale che il giovane proponga, con orientamento ad analizzarla non solo e non tanto “ dal nostro punto di vista”, ma soprattutto dal punto di vista interno a quelle esperienze. Senza questa premessa si rende impossibile la comprensione e la conoscenza e si rende improbabile ogni forma di rapporto significativo. Questo approccio antropologico non vuol dire approvazione e giustificazione degli stili culturali o comportamentali individuati nei gruppi, ma significa semplicemente fornire una base per strutturare una comunicazione autentica, realistica, allo scopo di progettare un eventuale cambiamento. Acquisire questo tipo di approccio non è per nulla facile, poiché implica una concezione culturale complessa e flessibile, e soprattutto una grande capacità di decentramento emotivo, di elaborazione delle sfide cognitive ed emotive che provengono dalla diversità delle scelte di vita. Senza questo il rischio è produrre delle false alleanze e collusioni con le culture giovanili senza venirne fuori in maniera operativa; oppure incorrere in nuove forme di stigmatizzazione.

Gli operatori di strada devono guardarsi dal rischio di sovrapporre le motivazioni e l’intento dell’operatore al problema della libertà e autonomia del soggetto, che abbisogna di aiuto ma rifiuta di chiederlo esplicitamente. Il ragazzo contattato vive all’interno un conflitto tra la volontà di “essere soggetto”, e cioè  di farcela da solo, e la ricerca di appoggio all’altro. L’intervento dell’operatore di strada non è correggere il soggetto deviante ne modificare la personalità: l’obiettivo piuttosto è quello di creare spazi mentali e fisici(relazionali) di dialogo e di rimando con le risorse presenti in territorio. Tra le risorse, c’è la disponibilità dell’operatore a impegnarsi in un rapporto stabile: è la permanenza nel rapporto che apre spazi all’ascolto, che è ciò che manca a molti e costituisce una precondizione  per l’affidamento interpersonale, anzi per la disponibilità a lasciar avvicinare l’altro.

L’utenza a cui si rivolge l’operatore di strada è diversa da quella che si rivolge spontaneamente ai servizi perché nega, sul piano verbale, un bisogno sottolineato da comportamenti autodistruttivi o dannosi per lui.La costruzione di un’alleanza capace di creare le premesse passa inevitabilmente attraverso la strategia dell’ascolto. La pratica di lavoro degli operatori di strada, basata sull’accettazione del punto di vista dell’altro, corrisponde alla costruzione di un rapporto personale significativo che ignora la dimensione propria della relazione di aiuto

In pratica: “non sto con te perché voglio che cambi, ma sto accanto a te , sostanzialmente perché sono curioso e interessato a un dialogo con te, a uno scambio di impressioni e di esperienze. Senza pretese di spiegarti ciò che è giusto e ciò che non lo è. Sviluppando un discorso, o un tentativo di discorso, che accetta insieme la richiesta silenziosa e la negazione aperta, le ragioni di chi sta male e le ragioni di chi rifiuta le istituzioni che di lui dovrebbero occuparsi”.

 

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