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LA FAMIGLIA SANA NON ESISTE

Annalisa Lo Monaco

Nel libro recentemente scritto da Vittorino Andreoli, (Lettera alla tua famiglia-ed. Rizzoli) si delinea un ritratto di famiglia ideale. Vi si descrive una famiglia al cui interno sono presenti solidarietà, comunicatività, tolleranza e  rispetto; aspetti fondamentali,  soprattutto quest’ultimo, se si vuole parlare di sana e serena convivenza. Leggendo questo bel libro di Andreoli ho avuto, tuttavia, la sensazione di una sorta di magnificazione di una realtà che non sembra trovare riscontro nella situazione attuale. Si è concordi sul fatto che i nuclei familiari, composti da  persone diverse fra loro, dovrebbero avere all’interno momenti di scambio proficuo e di crescita ma, dove questo non fosse possibile, dovrebbe vigere, almeno,  una gestione dei propri spazi rispettosa di quelli altrui.Nella realtà  ci sono coppie che restano insieme anche quando il rapporto non esiste più per una serie di motivi spesso fittizi: mantenimento delle apparenze, stabilità emotiva dei figli, interessi economici,  paura di stare  soli, di ricominciare ecc. Questo malinteso senso  del significato di famiglia provoca, a volte, l’insorgenza nei figli adolescenti di sintomi quali anoressia, bulimia, attacchi di panico, ansia, disadattamento ecc.. che altro non sono se non la denuncia di situazioni  familiari ormai svuotate. Questi malesseri non è raro che diventino patologici, in quanto hanno il preciso scopo di mantenere pseudo-equilibri all’interno della famiglia stessa.

La realtà  intorno è  costellata  da un preoccupante numero di famiglie disgregate. Disgregazione che non appartiene solo a famiglie separate; l’attuazione, anzi, di un  distacco gestito con civiltà e salvaguardia  dei minori,  risulta essere scelta degna del massimo rispetto. E’ un segno di civile responsabilità da parte dei  genitori  riconoscere la fine del loro rapporto coniugale e civilmente  renderne partecipi i figli. Spiegare e dimostrare  che la fine del  rapporto non significa affatto la fine del rapporto genitoriale che, al contrario, ne può venire rafforzato. Conosco padri che, totalmente assenti da casa durante la vita matrimoniale, dopo la separazione sono riusciti a modificare comportamenti che hanno  permesso loro di instaurare/recuperare, anche con l’aiuto di esperti, il  rapporto con i figli. Durante una recente consulenza, una paziente ha raccontato di aver sposato coscientemente un uomo che sapeva non adatto a lei. Da quest’uomo si era separata infatti dopo circa un anno e mezzo di matrimonio e con una bambina di pochi mesi. Perché? per realizzare quello che la madre non era  riuscita a fare:  troncare un legame matrimoniale di cui era stata  vittima ma dal quale non era mai riuscita a liberarsi. Questa paziente aveva vissuto e interiorizzato a tal punto il malessere della madre, che l’unico modo per affrancarsene per lei era stato quello di replicare l’esperienza materna, cambiando però il finale per dimostrare a sé stessa e al mondo: io non ho subìto, ce l’ho fatta a liberarmi.

Molto triste, liberatorio ma triste.

Doloroso ma più sano, sarebbe interrompere legami esauriti che a lungo andare si potrebbero rivelare tossici per i figli, al punto di istaurare in loro il dover/voler ripetere, una volta adulti, atteggiamenti disarmonici appresi in famiglia. Quello che secondo me sarebbe importante fare, è un passo indietro nel cercare di capire cosa c’è dietro a tante separazioni che avvengono dopo pochi anni di matrimonio, se non addirittura dopo pochi mesi.Siamo in molti, infatti,  a sentire l’esigenza di incontri supportivi per coppie in crisi,  e preparatori per future coppie  all’inizio di quella che si può definire: ‘la grande avventura della vita a due’. Nell’ambito di questi incontri, si potrà trovare un appoggio, un sostegno e sarà possibile apprendere quella capacità di riflessione e comprensione verso il matrimonio che, secondo Whitaker 1), è:“Il veicolo e il compendio dell'intimità adulta, costituita da una consuetudine duratura. E' la grande arena accettabile per sperimentare la vicinanza umana" Una progettualità per il futuro da condividere, una visione simile della vita ma, soprattutto,  soffermarsi su tre aspetti fondamentali,  spesso anelli deboli della vita a due :

Le aspettative, spesso esagerate nei confronti dell’altro che crediamo/speriamo possa risolvere i nostri problemi, rassicurarci, riparare antiche ferite….

La comunicazione, la difficoltà di esprimere all’altro le nostre necessità e i nostri desideri; l’incapacità di saper ascoltare veramente  il partner; la difficoltà nel gestire il litigio,  forma di comunicazione di cui bisogna imparare l’arte se non vogliamo che sia ripetitivo, collerico e alla fine inconcludente. Il silenzio, altra forma di comunicazione,  difficile, ma spesso carica di significati.

Le crisi, che non devono necessariamente essere segnali di una fine imminente, ma spesso, per dirla con Piaget 2),  sono un’assimilazione e un accomodamento alle situazioni esterne che cambiano; magari sarà sufficiente spostare qualche paletto messo per delimitare nostri e altrui spazi.

Si può stare bene insieme e si possono serenamente e armoniosamente crescere  i figli, affrontando insieme il futuro e il tempo che passa tenendo sempre a mente che  ‘..rendere felici chi si ama è impegno costante e quotidiano ’. La famiglia perfetta che ci sorride dallo schermo sempre sorridente, ben vestita, con una casa sempre pulita nonostante cani e gatti ecc… non esiste. Esistono però persone diverse fra loro che vivono insieme cercando di rispettarsi;  cercando di amarsi (non è sempre scontato e facile l’amore);   cercando di andare avanti con coraggio nel  percorso a ostacoli che è la vita, affrontando insieme difficoltà finanziarie, problemi di salute,  di lavoro,  delusioni affettive, insuccessi ecc. Una famiglia dove il rapporto viene ricreato/ricercato giorno dopo giorno  e se ne ha la consapevolezza, ma dove si può parlare di tutto e si è ascoltati, dove nessuno può o deve sostituirsi all’altro, dove non si è giudicati ma dove si può contare su una mano e dove la mano si è disposti a tenderla  anche all’esterno. Per dirla con Solov'ev 3):

  …solo all'interno della famiglia l'uomo sente di possedere un valore assoluto, di essere insostituibile. Per questo motivo la famiglia è modello e cellula costitutiva della fratellanza universale e della società umana".  

Questo permetterà ai  figli di crescere sicuri, di imparare l’accoglienza e la generosità, la tolleranza, la compassione, senza lasciarsi influenzare dal qui e ora consumistico imposto dai media.

Per realizzare che la famiglia non è una risorsa ma è la risorsa, occorre imparare l’impegno costante e quotidiano e servono  azioni e non parole.

 

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