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IL SELF E IL NON SELF. COME SI DIVENTA DIVERSI  

 

B. Rossi e E. Coppola

Il tema del diverso per cultura, religione, razza, provenienza…..suscita da sempre sentimenti contrastanti, di curiosità, di rifiuto, di paura, di mistero, di oscuro e affascinante. In una società che si spinge verso la globalizzazione e l'integrazione, sempre più frequenti sono le occasioni in cui avvengono questi incontri. Ma chi è il diverso? E come si diventa diversi?

Ecco alcuni esempi su cui riflettere.

1. Quando il diverso è lo straniero.

50 anni fa un uomo di colore nel nostro paese avrebbe dato un'aria di internazionalità ed esoticità al luogo percorso o occupato. 20 anni dopo, 100 uomini di colore vengono visti solo come "sporchi", che "sporcano" e deprezzano il luogo che abitano, magari "abusivamente" (modello vu' cumpra' o lavavetri). Diventa lampante il non valore commerciale delle persone, che ricorda i film di Chaplin sulla rivoluzione industriale, una parodia dell'uomo - macchina, oggi tornato di moda.

2. Quando il diverso è l'handicappato.

Contrastante è l'atteggiamento delle persone. A scuola spesso un portatore di handicap ci fa sentire buoni, generosi, umani, filantropi. Ma quando siamo a scuola o sul lavoro e il portatore di handicap ci costringe a farci carico di problemi o ci rallenta il lavoro, già l'immagine cambia. Basti citare poi le barriere architettoniche, cui solitamente non si fa caso, ma che diventano insuperabili anche solo con una gamba rotta, e che sono ben lontane da una cultura di integrazione.

3. Quando il diverso è il genio.

Questo non è razzismo. Difficilmente viene compreso. Spesso viene considerato menefreghista perché si annoia, o snob di fronte alle lentezze degli altri, per cui suscita subito invidie, gelosie, rabbie, fino a isolarlo ed eliminarlo nella sua pericolosità che fa sentire gli altri inferiori. Spesso è più grave essere geni che essere handicappati. Dei geni, infatti, raramente ci si occupa. Spesso si finisce per non vedere il loro dramma di un'intelligenza che cresce più velocemente delle "emozioni", lasciando sensazioni di disagio e di lacerazione di non facile superamento e comprensione.

4. Quando il diverso è colui che non segue consuetudini prestabilite.

Come valutare la trasgressione? E' costruttiva in cerca della propria originalità o è distruttiva? Il diverso, in genere, assume connotazioni di deficit, handicap, menomazione, declassamento… che sono sfumature negative, persino il troppo bello diventa brutto in questa logica. E' difficile conoscere e incontrare l'altro nella sua bellezza, peculiarità e unicità. Più facile è formulare pre-concetti, pre-giudizi, schemi di pensiero autoreferenziali, decisi da sé, che ci difendono e ci tutelano. Ciò che è simile a noi, infatti, è più rassicurante, riconoscibile, controllabile. Tutti o quasi abbiamo fatto almeno una volta esperienza di questo senso di diversità. Di che altro, se non di questo, si è trattato quando siamo sfuggiti ai ruoli familiari, sociali, istituzionali, sessuali per noi previsti dall'ordine costituito?

Diventa evidente che ci si muove su una linea di confine, dove il diverso - trasgressivo può diventare bello-unico-originale-creativo, ma anche brutto-sporco-deviato-distruttivo.

Questo sentimento di diversità si accompagna solitamente alla sensazione spiacevole di essere altro, di non appartenere pienamente al proprio gruppo di riferimento. E' una sensazione di disagio e di scarso adattamento al contesto che finisce spesso per prevalere. Così anche il diverso per capacità finisce con il sacrificare il proprio talento in nome di una presunta uguaglianza normale, sperando che il senso di disagio diminuisca, anche se non può che aumentare. Così si trovano artisti con le loro opere, sconosciute al pubblico, chiuse nel frigorifero e in soffitta, non credendo nel loro valore e non volendo rischiare di perdere una speranza. Oppure musicisti che dopo aver assaggiato il successo si ritirano in ufficio con un lavoro da impiegato perché non è serio trasformare una passione in un lavoro! Così almeno si dice, tristemente. Oppure adolescenti che evitano la ricerca di sé ritenendola troppo dolorosa, chiudendosi in una "non vita propria". E così potremmo continuare. Talvolta vediamo riflesse negli altri le bellezze che noi desideriamo e che per invidia disprezziamo, in loro e poi in noi. La verità è che a nessuno piace essere considerato razzista, ma di razzismo ce n'è molto. A cominciare da se stessi, quando ci è difficile credere nelle nostre risorse, o quando le nostre risorse ci sembrano così uniche e incomprese da chiuderle in un cassetto. A volte sarebbe opportuno avventurarsi nei meravigliosi e oscuri meandri del nostro mondo interno per capire chi siamo, senza false illusioni, ricordando che chi conosce tutte le risposte, non si è fatto abbastanza domande. Quindi la diversità, benchè apparentemente non ci riguardi, in realtà appartiene al nostro vivere quotidiano, e dovrebbe farci riflettere anziché appiattirla, perché diversità è anche unicità.

 

La comunicazione assertiva
di Lanari Gianni, Calbi Nunziata - Ed. Finson

L'assertività o arte del rapporto interpersonale è, in Italia, una disciplina ancora misconosciuta. Essa descrive un modo di agire e uno stile relazionale in cui il rispetto dei propri desideri e bisogni riveste un ruolo di primo piano, mantenendo allo stesso tempo l'attenzione ai diritti e all'uguaglianza tra le persone. Il manuale guida il lettore lungo un percorso di crescita e auto-miglioramento che conduce all'equilibrio con se stessi e a una migliore interazione con gli altri...

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